Ricordando Dennis Hopper...


A 40 anni da Easy Rider, film cult del 1969,
e in onore di Dennis Hopper, che ci ha lasciato,
ripropongo in questo post l'analisi fatta al corso di filmologia.
Cinema specchio della Realtà.


Easy Rider, Usa 1969, di Dennis Hopper

Sceneggiatura: Peter Fonda, Dennis Hopper, Terry Southern
Interpreti: Peter Fonda (Wyatt – Captain America), Dennis Hopper (Billy), Jack Nicholson (George Hanson), Toni Basil (Mary), Karen Black (Karen)

Trama: Dopo la vendita di una partita di droga, Billy e Wyatt attraversono gli States da Los Angeles a bordo dei loro choppers per recarsi al carnevale di New Orleans.

Il viaggio intrapreso da Billy e Wyatt, da Los Angeles verso New Orleans, è un viaggio alla ricerca della libertà, un viaggio che si è scontrato con la cruda realtà ma che continua nell’immaginario collettivo dove si è trasformato in un vero e proprio fenomeno di costume.

Easy Rider è diventato un mito sempre presente dimostrando come il cinema non solo sia in grado di cogliere la realtà del momento ma abbia anche la capacità di partecipare direttamente alla costruzione di un immaginario di massa, così che il viaggio iniziato da Billy e Wyatt è diventato una leggenda.

Questa pellicola, diretta da Dennis Hopper alla sua prima esperienza in regia, ci mostra le questioni chiavi di quel momento, un’America colma di contraddizioni e squilibri, nella quale la libertà a cui i giovani protagonisti della controcultura aspirano viene proposta come un’utopia.
Il film tocca i temi cari alla gioventù della fine degli anni ’60 - l’affrancamento dai vincoli sociali, la droga come liberazione, la musica rock - tutto accompagnato dal motivo del viaggio da sempre presente nella cultura americana.

Gli anni Sessanta per gli Stati Uniti non rappresentano un momento semplice e tranquillo, molte le vicende che segnalano la fine di un idealismo di cui l’America si faceva portavoce. In quegli anni viene pubblicato il libro “The Other America” di Michael Harrington che mostrava che quasi 50 milioni di persone pativano la fame all’interno di un sistema che propagandava il benessere. Sono anni segnati da omicidi: quello di Kennedy nel 1963 e quello di Malcom X due anni dopo, e poi quello di un altro Kennedy, Robert, e di Martin Luther King (l’uomo che “aveva un sogno”) e sono gli anni della guerra nel Vietnam.
La disillusione travolgeva anche la controcultura, la Summer of Love del ’67 che avrebbe dovuto portare pace, amore e libertà, si concluse con un brusco ritorno alla realtà con l’uccisione, durante un concerto dei Rolling Stones, di una ragazza da parte del servizio d’ordine.
Questi gli Stati Uniti del periodo e in questo clima che esce Easy Rider: in un paese dove sono solo possibili ribellioni ma non rivoluzioni, dove ogni gesto fuori dagli schemi risulta inutile e dove i miti giovanili si scontrano con una realtà avversa.

In Easy Rider ci troviamo di fronte ad una società tradizionalista e conservatrice che si ritiene legata ai valori di libertà e democrazia ma che in realtà non ammette il diverso e i cambiamenti sociali.
Attraverso i vari incontri che i due amici fanno durante il loro viaggio vengono in contatto con modi di vita alternativi ai loro alcuni apertamente ostili, altri semplicemente diversi; il loro è un incontro con differenti casi, ognuno dei quali risulta esemplare della condizione sociale alla fine dei Sixties e soltanto la somma di essi dà un’immagine completa e non molto positiva degli Stati Uniti.
Già fin dal primo incontro che i due fanno con il proprietario di un motel si trovano a scontarsi con ostilità e intolleranza. L’ostilità in Easy Rider va crescendo man mano che i due amici si avvicinano alla loro meta: vengono arrestati per aver sfilato abusivamente, Billy viene insultato dal carceriere e all’interno del ristorante, dove Billy e Wyatt insieme a George Hanson si fermano per mangiare, ci si trova chiaramente di fronte al confronto con la mentalità retriva del Deep South, prologo all’uccisione di George Hanson che, a sua volta, prelude all’uccisione di Billy e Wyatt da parte di due bifolchi sulla strada che porta alla Florida.
L’intolleranza verso il diverso segue in Easy Rider un andamento crescente, un climax che, partendo da elementi minimi, adatti ad informare sulla situazione contestuale, giungono a vette di drammaticità sempre più gravi per concludersi con la morte dei due protagonisti.

E’ un racconto amarissimo e crudele che denuncia lo squallore e la paura per il diverso, è un racconto sulla libertà che si rivela solo un sogno impossibile da raggiungere e porta Billy e Wyatt verso la morte.

Il loro viaggio è destinato al fallimento e per tutto la sua durata offre indizi simbolici dell’impossibilità di vivere secondo gli ideali di libertà.
Il mondo di Easy Rider è un mondo che ha PAURA della LIBERTÀ, come dice George Hanson prima di morire: “hanno paura di quello che voi rappresentate… quello che rappresentate per loro è la libertà… quando vedono un individuo veramente libero allora hanno paura.” -


Il Road Movie
Easy Rider è il road movie per eccellenza e infatti l’atto di nascita di questo genere coincide con l’uscita nel ’69 del film; è ciò che Easy Rider mette in scena che viene preso a modello per i successivi film del genere, è Easy Rider che stabilisce quell’insieme di regole, formule che codificano il Road Movie.
L’elemento principale del genere è la strada, luogo di incontri, conflitti e confronti che mostrano un preciso universo e danno un immagine della società contemporanea, così che attraverso il viaggio on the road il film riesce a farsi specchio fedele della realtà a rappresentare tensioni, problemi e contraddizioni del periodo. Molte le sequenze in cui Wyatt e Billy percorrono le highways americane nel loro viaggio e dove viene esaltata la bellezza dei paesaggi con campi lunghissimi di natura incontaminata che rimandano all’America primitiva. L’intento è però smitizzante e critico nei confronti di una falsità gradevole e accattivante. Easy Rider prende le distanze da queste immagini da cartolina entrando a contatto pienamente con l’intero contesto e facendo emergere le contraddizioni del paese, inserendo brevi inquadrature sulla non facile vita della popolazione di colore, mostrando il loro lavoro o le loro abitazioni, nel mezzo di sequenze in cui sono illustrate le case dei ricchi in perfetto stile coloniale.

La musica
Elemento importantissimo in Easy Rider è la musica che contribuisce ad illustrare ciò che accade nelle immagini, non è più un sostegno esterno, ma diventa una specie di coro a commento delle sequenze e quindi arricchisce a livello extra-diegetico il significato della visione.
Inoltre la musica, che è quella rock presa dalla produzione contemporanea, è considerata una delle parti fondamentali attraverso cui si è formata e consolidata la fama mitica che circonda la pellicola. I dieci brani utilizzati in Easy Rider, svolgono la loro funzione di commento over all’interno della narrazione nel momento in cui l’intreccio viene momentaneamente interrotto. Quest’interruzione si realizza nelle sequenze di raccordo tra le varie tappe del cammino di Billy e Wyatt; alla strada viene quindi attribuita la funzione di tessuto connettivo tra una situazione emblematica e l’altra. Il momento dello spostamento è sempre commentato dalla presenza di una canzone che, con il suo testo, rende ancora più chiaro quello che le immagini mostrano.
La canzone più significativa del film è sicuramente Born to be Wild degli Steppenwolf: “Get your motor runnin’… We’re look for adventure…”, altri brani importanti If you want to be a Bird degli Holy Modal Rounders che accompagna le immagini in cui George e Billy sulle motociclette simulano il volo degli uccelli, animali a cui si associa sempre l’idea di libertà, già il titolo conferma come la libertà desiderata sia legata ad un ipotesi irrealizzabile.
Negli ultimi chilometri del loro viaggio sentiamo It’s Allright Ma di Bob Dylan: “… there is no sense in trying … You discover that you’d just be one more person crying … it’s allright, Ma, I’m only sighing” dove la madre a cui ci si rivolge è la Grande Madre America insensibile e corrotta dove non c’è spazio per pace, amore e liberà. Ballad of Easy Rider di Roger McGuinn segue l’uccisione dei due amici: “Flow river flow … Take me from this road to some other town. All he wanted was to bee free”

“Che c’è di male nella libertà?”

Goodbye Hopper

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